Diritto e Società

 

Rivista trimestrale fondata nel 1973

da Giovanni Cassandro, Vezio Crisafulli e Aldo M. Sandulli

 

III serie – 2/2012

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Stefania Mabellini
Giovanna Perniciaro
Eleonora Rinaldi
Luca Vespignani
Pietro Giuseppe Grasso
Paolo Maddalena
Maria Alessandra Sandulli
Riccardo Guastini


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sommario

saggi

Stefania Mabellini, La “valorizzazione” come limite costituzionale alla dismissione dei beni culturali pubblici e come “funzione” della proprietà pubblica del patrimonio storico-artistico ….203
Giovanna Perniciaro, Il (mancato) seguito delle decisioni giurisprudenziali in materia di cumulo dei mandati da parte degli organi parlamentari ….233
Eleonora Rinaldi, Riflessioni sulla ragionevole applicazione della insindacabilità parlamentare….251
Luca Vespignani, Leale collaborazione intersoggettiva: una regina senza terra?….291

osservatorio

Pietro Giuseppe Grasso, Sulle controversie istituzionali….315

Paolo Maddalena, L’ambiente e le sue componenti come beni comuni in proprietà collettiva della presente e delle future generazioni….337

attualità 

Maria Alessandra Sandulli, Riflessioni sulla responsabilità civile per le violazioni di legge commesse dagli organi giudiziari….385

recensioni

Riccardo Guastini, Alessandro Pizzorusso sulle fonti e l’interpretazione….413


Abstract

Stefania Mabellini, La “valorizzazione” come limite costituzionale alla dismissione dei beni culturali pubblici e come “funzione” della proprietà pubblica del patrimonio storico-artistico.

L’articolo si propone l’obiettivo di individuare il limite costituzionale delle operazioni di dismissione del patrimonio culturale pubblico. Nel presupposto che il generale processo di erosione della proprietà pubblica incontri il proprio limite nella qualità del servizio pubblico da garantire, sembra ragionevole ritenere che la proprietà pubblica del patrimonio culturale goda di una garanzia costituzionale ogni qual volta la titolarità del bene non sia ininfluente per soddisfare la funzione di tutela, che la Costituzione, all’art. 9, assegna alla Repubblica. Alla nozione costituzionale di tutela non sembrano estranee, peraltro, talune esigenze di valorizzazione, che lo stesso Codice dei beni culturali si fa carico di garantire. Nel contempo, alla luce del principio di sussidiarietà, si mette in dubbio che i beni del patrimonio culturale pubblico possano essere ritenuti comunque idonei ad assolvere la propria funzione, a prescindere dalla concreta destinazione all’uso pubblico. Infine, l’articolo si sofferma sul ruolo delle Regioni nel processo di privatizzazione dei beni culturali pubblici, esaminando le attribuzioni derivanti dalla novella costituzionale del 2001 e la problematica disciplina introdotta dal d.lgs. 28 maggio 2010, n. 85, sul c.d. “federalismo demaniale”, che una più recente modifica normativa ha riportato nell’alveo della valorizzazione.

The “Improvement” as a Constitutional Limit to the Privatization of Public Cultural Heritage and the Public Property’s “Function” of Historical and Artistic Heritage

The article aims at identifying the constitutional limit with which the operations of privatization of public cultural heritage should comply. Assuming that the general erosion of the public property finds its limit in the quality of public service to ensure, it seems reasonable that the public property of cultural heritage enjoys a constitutional guarantee whenever the ownership of the things isn’t irrelevant to satisfy the function of protection that the Constitution, under art. 9, assigns to the Republic. The constitutional notion of protection seems including, however, needs of improvement, that the same Code of Cultural Heritage ensures. At the same time, in the light of the principle of subsidiarity, it is doubtful that the public cultural heritage can be considered suitable for its function, leaving aside the concrete allocation for the public use. Finally, the article focuses on the role of the Regions in the process of privatization, pointing out the regional competences having its roots in the revision of Constitution approved in 2001, then the problematic legislation introduced by d.lgs. 28 May 2010, n. 85, about the so-called “Federalismo demaniale”, that a more recent measure changed, bringing it back inside the bed of improvement.

Giovanna Perniciaro, Il (mancato) seguito delle decisioni giurisprudenziali in materia di cumulo dei mandati da parte degli organi parlamentari Il saggio tratta il tema del cumulo dei mandati, in particolare di parlamentare con quello di sindaco e di presidente di provincia e mira ad evidenziare le asimmetrie riscontrabili nelle discipline dei diversi livelli territoriali, nonché tra le decisioni giurisprudenziali e quelle degli organi parlamentari. Nel saggio si ricostruisce l’evoluzione delle decisioni delle Giunte per le elezioni di Camera e Senato, nonché la giurisprudenza costituzionale sul tema del cumulo. In particolare ci si sofferma, poi, sulla sentenza n. 277 del 2011 della Corte costituzionale che ha sancito l’illegittimità della disciplina in materia di ineleggibilità parlamentari, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità tra la carica di parlamentare e quella di sindaco (di comune con più di 20 mila abitanti). E, infine, ci si sofferma sulle ultime decisioni prese dalle Giunte delle elezioni delle Camere, che successivamente alla pronuncia di illegittimità costituzionale – sono tornate sulle decisioni prese all’inizio della legislatura, e le quali – pur partendo dai medesimi presupposti – hanno assunto decisioni tra di loro difformi.

The (Missed) Implementation of Courts’ Decisions on the Accumulation of Mandates by Parliamentary Bodies 

The essay deals with the accumulation of elective offices, with a specific reference to the parliamentary mandate and the local offices. The purpose is to show the asymmetries arising at the different level of government, and the divergence between the case law in the courts and the decision taken by parliamentary bodies. After reconstructing the previous evolution of parliamentary decision on the topic (founded on Art. 66 of the Constitution), the essay examines the jurisprudence on those cases in which the parliamentary mandate and other elective offices were held at the same time. In particular, a recent decision of the Constitutional Court (no. 277/2011) declared the unconstitutionality of the national discipline, which do not dispose the “supervening incompatibility” of a MP who decided to keep the parliamentary mandate after having been elected as President of a Province or Mayor of a city above 20,000 inhabitants. Finally, the essay scrutinizes the latest decisions – subsequent to the judgment of the Constitutional court – taken by Parliamentary Committees (“Giunte delle elezioni”),which have adopted different positions, respectively.

Eleonora Rinaldi, Riflessioni sulla ragionevole applicazione della insindacabilità parlamentare

La pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo sul ricorso Onorato. Repubblica italiana costituisce l’occasione per lo svolgimento di alcuneriflessioni sul controverso rapporto tra prerogative parlamentari, in particolare l’insindacabilità, ed esercizio della giurisdizione a tutela dei diritti. Si evidenzia, in particolare, come la disciplina nazionale (art. 3, legge n. 140 del 2003) attuativa della regola costituzionale dell’insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati dal parlamentare nell’esercizio delle proprie funzioni (art. 68, co. 1, Cost.) possa tradursi, in fase applicativa, in una lesione del diritto fondamentale al giudice garantito dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (articolo 6.1 CEDU). La finalità di garantire un equilibrato bilanciamento tra diritto di accesso al giudice ed esigenza di proteggere da eventuali abusi l’esercizio delle funzioni attribuite a determinati soggetti e l’integrità di determinati collegi, attraverso la previsione dell’irresponsabilità giuridica limitatamente ai voti dati ed alle opinioni espresse nell’esercizio delle loro funzioni, non risulta infatti costantemente soddisfatta da una previsione legislativa diretta ad associare alla dichiarazione camerale di insindacabilità automatica efficacia inibente dell’azione giurisdizionale, carente un sistematico accertamento di proporzionalità in concreto della restrizione apportata al diritto di agire e difendersi in giudizio. Né lo svolgimento di un sindacato ordinario e necessario della Corte costituzionale sull’esistenza del nesso funzionale dichiarato dalla delibera parlamentare è compatibile con l’attuale configurazione del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nel nostro ordinamento. La pressoché sistematica condanna dello Stato italiano nei casi di mancato svolgimento del sindacato di ragionevolezza sul nesso funzionale attraverso lo svolgimento del conflitto tra poteri, impone pertanto di riflettere sulla possibilità di ricondurre alle sentenze del giudice europeo effetti ulteriori rispetto a quelli relativi al caso deciso, al fine di garantire al cittadino privato di fondamentali garanzie processuali una piena restitutio in integrum successivamente alla sentenza di condanna emessa nei confronti dello Stato italiano per violazione dell’art. 6.1 CEDU. La riapertura del processo in seguito ad una sentenza di condanna del giudice europeo incide tuttavia sull’inoppugnabilità delle sentenze della Corte costituzionale (art. 137 Cost.) e sulla stessa funzione di organo di chiusura dell’ordinamento che questa svolge. In ragione di ciò e dell’incidenza di un’eventuale revisione delle sentenze costituzionali su norme costituzionali di organizzazione direttamente correlate alla tutela di principi supremi del nostro ordinamento, appare auspicabile dunque una modifica della legge ordinaria attuativa della disciplina dell’insindacabilità finora non espressamente “condannata” dal giudice costituzionale italiano né dallo stesso giudice europeo.

Reflections on the Reasonable Application of Parliamentary Absolute Immunity

The recent case of Onorato v. Italian Republic provided the European Court of Human Rights (ECtHR) with an opportunity to point out the controversial relationship between the parliamentary rights, especially absolute immunity, and the exercise of jurisdiction to protect legal rights. The constitutional rule that grants absolute immunity for freedom of speech and freedom to vote to members of Parliament (art. 68, par. 1, Const.) for their duties as legislators, as implemented by the national legislation (art. 3 L. 140/2003), can be easily seen as an infringement on the fundamental right to a fair trial (art. 6.1 ECHR). Since there is no practice related to a systematic evaluation about that, the set of rules that provides an automatic inhibition of legal proceedings as consequence of the Chamber’s statement of immunity seems to be not enough to ensure a balance between the right to seize the Court and prevention of potential abuse made by members of Parliament. Moreover the decision of the Constitutional Court taken under judicial review power that confirms the functional link declared into the Chamber’s statement, does not match the current configuration of jurisdictional dispute between branches of government in our system. Furthermore as the Italian Courts consistently condemns the failure to rule on the functional link through the conflict of powers, this leads us to consider the possibility of giving the judgment of the European Court further effect than those relating to the case we are talking about, in order to ensure the private citizen the fundamental procedural guarantees for a full re-establishment (restoration to original condition – restitutio ad integrum) after the sentence issued against the Italian State for infringement of Article 6.1 ECHR. However, the reopening of the case as a result of a ruling of the European Court affects the unenforceability of judgments of the Constitutional Court (Art. 137 Const.) as well as undermines the very function of protection of the legal system that the Court plays. Therefore, for all these reasons, and in order to avoid the impact of any review to the judgments of programmatic constitutional rules directly connected with the protection of the fundamental principles of our legal system, it is being urged an amendment to the ordinary law about absolute immunity that so far has not been expressly “condemned” neither by the Italian Constitutional Court nor the European Court. 

Luca Vespignani, Leale collaborazione intersoggettiva: una regina senza terra? Il saggio affronta il tema della leale collaborazione tra lo Stato centrale e le autonomie regionali. In tal senso, sulla base di una verifica concernente il fondamento costituzionale del relativo principio se ne valuta la portata con riferimento a ciascuna delle tre funzioni fondamentali della sfera pubblica, giungendo, in chiusura, a svolgere alcune brevi considerazioni sulle implicazioni teoriche e metodologiche della problematica.

Loyal Intersubjective Co-operation. A Queen without a Land?

The essay deals with the loyal co-operation between State and Regional autonomies. According to that, starting from the examination of the constitutional basis of this principle, the essay follows by evaluating its impact in relation to each of the three fundamental functions of the public field, concluding, at the end, with some short considerations about the theoretical and methodological consequences of the matter.

Pietro Giuseppe Grasso, Sulle controversie istituzionali

Come “controversie istituzionali” s’intendono i conflitti tra titolari di poteri costituzionali all’interno di una medesima organizzazione di governo, aventi per oggetto la costituzione come grandezza unitaria, più propriamente l’ultima decisione nelle questioni politiche. È una nozione desunta dalle esperienze di monarchia costituzionale “pura” compiute in Germania, durante il periodo anteriore alla prima guerra mondiale: continue si manifestavano allora contrapposizioni tra esecutivo regio e rappresentanza parlamentare elettiva, per la preminenza effettiva. La stessa nozione pare da discernere anche in altre forme di ordinamenti, retti da governi popolari, nei quali la prima fonte del comando spesso tende a derivare dalla cosiddetta “società politica”, in particolare dai partiti politici, pure estranea e diversa dagli organi costituzionali nel senso più comune, Parlamento, capo dello Stato, Ministeri. Esemplare per lo studio delle questioni accennate appare la storia costituzionale dell’Italia unita, nel corso della quale si riscontra il ripetersi di controversie, sia pure diverse secondo le forme di regime instaurate nel corso dei tempi: governo monarchico parlamentare; regime fascista; repubblica democratica parlamentare.

Institutional Controversies

“Institutional controversies” refers to conflicts between holders of constitutional powers within the same governing organisation, concerning the constitution as a measuring unity, or more properly as the final decision in political issues. This notion originates from the experiences of “pure” constitutional monarchy carried out in Germany, during the period antecedentWorld War I: then, there were on-going clashes between the royal executive power and the elective parliamentary representation, for an effective prominence. The same notion seems to be recognisable also in other forms of legal systems, like those held by popular governments. In these, the primary source of command often tends to derive from the so-called “political society”, in particular from political parties, even if this is alien and different from constitutional organs in the most common sense, such as the Parliament, the head of State, the Ministries. The constitutional history of unified Italy seems to be a good exemplar for studying these issues. In its course, controversies were reiterated, although they differed according to the form of regime that was established at each time: parliamentary monarchical government, fascist regime, parliamentary democratic republic.

Paolo Maddalena, L’ambiente e le sue componenti come beni comuni in proprietà collettiva della presente e delle future generazioni

Obiettivo della ricerca è quello di precisare, in riferimento ai beni ambientali e culturali, la disciplina della categoria dei “beni comuni”, individuata dalla Commissione Rodotà, tenendo presente l’attuale, gravissima crisi economica ed
ambientale. L’autore ricorda che la Commissione Rodotà, coadiuvata da altri illustri Autori, ha felicemente individuato la categoria dei “beni comuni”, cioè di quei beni che soddisfano immediatamente bisogni umani fondamentali e sono strettamente collegati a diritti inviolabili dell’uomo, facendo leva sulla “funzione” e la “destinazione” di tali beni, ma lasciando in controluce l’aspetto proprietario. Rilevato che il problema dell’appartenenza è “centrale” nel nostro ordinamento, l’autore propone, per quanto riguarda i beni ambientali, di non abbandonare la categoria dei beni demaniali e di far ricorso, comunque, all’antico, ma ancora vivente, istituto della proprietà collettiva demaniale, il quale, a differenza della proprietà privata, consente l’uso corretto dei beni e la loro conservazione per la presente e le future generazioni. A questo punto, con preciso riferimento al diritto romano, l’autore pone in forte evidenza che la proprietà collettiva rende i beni extra commercium, non potendosi alienare a singoli, beni che appartengono a tutti, mentre restano in commercio i beni in proprietà di privati. È in questa distinzione che riposa la migliore tutela dei beni comuni ambientali: si tratta di beni di tutti che non possono essere alienati, e cioè, è bene ripeterlo, di beni demaniali. L’autore sottolinea, infine, che, in pieno contrasto con quanto sopra detto, il decreto legislativo n. 85 del 2010, intitolato “Federalismo demaniale”, e successive modifiche hanno trasferito dallo Stato alle Regioni il demanio idrico, il demanio marittimo, il demanio minerario ed il demanio culturale, precisando che le Regioni debbono gestire detti beni nell’interesse esclusivo delle collettività amministrate e debbono provvedere alla loro valorizzazione ai fini della vendita a privati. Una disposizione legislativa assurda, che vende ai singoli ciò che appartiene al popolo italiano a titolo di sovranità e che è assolutamente inalienabile, inusucapibile ed inespropriabile.

The Environment and Its Components as Common Goods in Collective Ownership of the Present and Future Generations

The objective of the research is to define, with reference to the cultural and environmental heritage, the discipline of the category of “common goods” identified by the Rodotà Commission, considering the current serious economic and environmental crisis. The author remembers that the Rodotà Commission, assisted by other eminent authors, has successfully identified the category of “common goods” (ie the goods that immediately satisfy basic human needs and are closely related to fundamental human rights) leveraging on the “function” and the “destination” of such goods, and leaving aside the ownership. Once noted that the problem of ownership is “central” in our legal system, the author proposes, with regard to environmental goods, not to abandon the category of state properties, but to use, instead, the old – but still alive – concept of public collective ownership, which, unlike private property, allows the proper use of goods and their conservation for present and future generations. So, with specific reference to ancient Roman law, the author puts in evidence that collective ownership means that the goods are extra commercium, not being possible to dispose of goods which belong to everyone, while private goods can be sold. Therefore, it is on this distinction that rests the better protection of environmental public goods: they are goods that cannot be alienated, that is – it is worth repeating – of public ownership. Finally, the author emphasizes that, in contradiction with what above said, the legislative decree n. 85 of 2010 (titled “Federal State property”) and its following amendments, transferred the “ownership” of public water and the maritime, mineral and cultural goods from State to Regions, specifying that the Regions must manage such goods in the exclusive interest of the administered community and must provide for their improvement, in order to sell them to private individuals. A preposterous legislative provision, which sells to individuals what sovereignly belongs to the Italian people and is absolutely inalienable, insusceptible of usucaption and expropriation.

Maria Alessandra Sandulli, Riflessioni sulla responsabilità civile per le violazioni di legge commesse dagli organi giudiziari Lo studio coglie lo spunto da alcuni recenti interventi giurisprudenziali e da alcune proposte di legge per riflettere sull’annoso tema della responsabilità civile dei magistrati. Muovendo da un’analisi del quadro costituzionale, si pone in luce la necessità della distinzione – ben presente nella l. n. 117 del 1988 e nella stessa giurisprudenza dell’Unione europea – tra la responsabilità direttamente imputabile ai magistrati e quella gravante sullo Stato per fatti di questi ultimi, evidenziando altresì i rischi di condizionamento che un’eccessiva estensione di tali responsabilità potrebbe esplicare sui tempi e sui contenuti delle decisioni giurisdizionali. Lo scritto esamina a questo proposito significativamente l’ordinanza con cui la VI sezione del Consiglio di Stato, nel marzo 2011, ha rimesso alla Corte di Giustizia una serie di questioni sulle modalità di rinvio pregiudiziale.

Reflections on the Civil Liability for Law Violations Committed by the Courts 

The study takes its cue from recent case law and some draft bills to reflect upon the old theme of the civil liability of judges. Setting out from an analysis of the constitutional framework, it highlights the need for the distinction – as in the law n. 117 of 1988 and in the European union case law itself – between the liability directly attributable to the judges and that bearing on the State for their wrongdoings; as well as highlighting the risks of unduly influence that an excessive extension of such liability may exert on the duration and content of judgments. The paper examines in this regard the order with which in March 2011, the sixth section of the Consiglio di Stato has significantly referred to the European Court of Justice a number of questions on the modalities for preliminary ruling.